top of page

Cerca

67 elementi trovati per ""

Prodotti (2)

Visualizza tutti

Post del blog (65)

  • Le Rivolte di Milano del 1848: Il Riscatto di una Città Determinata

    Le Rivolte di Milano del 1848: Il Riscatto di una Città Determinata Nel turbolento anno del 1848, le strade di Milano furono il teatro di un evento epocale: le Rivolte di Milano, conosciute anche come le Cinque Giornate di Milano. Questo capitolo significativo della storia milanese, che si svolse tra il 18 e il 22 marzo 1848, rappresentò il coraggioso risveglio di una città determinata a liberarsi dall'oppressione straniera e a rivendicare la propria autonomia. Milano, all'epoca sotto il giogo austriaco, era una città pulsante di tensioni sociali e politiche. Le ingiustizie e l'oppressione perpetrate dal governo austriaco avevano scatenato un crescente malcontento tra la popolazione milanese, che bramava libertà e giustizia. Le Rivolte di Milano furono l'espressione più forte di questo disagio accumulato. La città si riversò nelle strade in una ribellione spontanea e determinata. Barricate improvvisate sorseguirono in tutto il centro mentre i milanesi, armati di coraggio e risolutezza, affrontarono le truppe austriache con una determinazione implacabile. L'eroismo dei milanesi durante quei giorni non può essere sottostimato. Nonostante fossero numericamente inferiori e privi di risorse, resistettero tenacemente alle forze austriache, dimostrando un'incredibile fermezza e solidarietà. La città era viva con il suono della battaglia, un grido collettivo per la libertà e l'autodeterminazione. Nonostante la rivolta fosse stata infine soffocata dalle forze austriache, le Rivolte di Milano rappresentarono un momento svolta nella storia della città. L'eroica resistenza dei milanesi ispirò un senso di orgoglio e determinazione senza precedenti tra gli abitanti, alimentando il desiderio di autonomia e di una giusta rappresentanza. Le Rivolte di Milano rimangono un simbolo indelebile del coraggio e della resilienza di una città determinata a lottare per la propria dignità e libertà. Questo importante capitolo della storia milanese ci ricorda il potere del popolo quando si unisce per perseguire la giustizia e l'autodeterminazione, un'ispirazione che continua a vivere nel tessuto stesso della città. In onore dei caduti e della straordinaria determinazione dei milanesi che si sono battuti per il riscatto della loro città, le Rivolte di Milano rimangono un monumento alla forza e alla resilienza di una comunità determinata a plasmare il proprio destino.

  • "Il nostro giorno verrà"

    A settant'anni dalla nascita di Bobby Sands, martire per la causa irlandese “Morire per delle idee, l’idea è affascinante. Per poco io morivo, senza averla mai avuta”. Così recita l’inizio di una non troppo nota canzone di Fabrizio De André. Un brano polemico, specialmente nei confronti di chi predica l’altrui sacrificio, con l’accortezza di non scendere mai in prima linea. Nella giornata di oggi, 9 marzo 2024, Bobby Sands, da molti considerato un martire della causa irlandese, avrebbe compiuto 70 anni. Riassumerne la storia, così come il tragico epilogo, probabilmente non sarebbe sufficiente a rendere giustizia a quest’uomo. Quanto serve sapere, ai fini di questo breve articolo, è che nel maggio del 1981 Bobby, attivista dell’IRA, prigioniero politico e molto altro, dopo ben 66 giorni di sciopero della fame, perse la vita nel carcere di Long Kesh, nell’Irlanda del Nord. Quanto al resto, per la geopolitica o per i dettagli, c’è Wikipedia o i numerosi siti e blog che ne tratteggiano la biografia. Forse però, la domanda che dovremmo porci oggi, gente ormai ben addentro al nuovo millennio, è cosa possa aver spinto, nel nostro civilissimo Occidente, un giovane appena ventisettenne, non più di una manciata di anni fa, a rinunciare alla propria vita, sacrificandola sull’altare di un ideale. Non si tratta di un quesito di poco conto. Appare così difficile, ai nostri giorni e in questa società, anche solo concepire di combattere per un ideale che ti conduca alla morte. In qualche modo si potrebbe dire che ci siamo abituati alle battaglie facili. Quelle a costo quasi zero. Un po’ di zuppa buttata su un quadro, un monumento imbrattato oppure il rompere le palle ai lavoratori di turno, bloccandoli nel traffico. Forti di molto tempo libero e sapendo di rischiare, al più, una tirata d’orecchi. Ma il coraggio di combattere anche contro se stesso e il proprio corpo, vincendo il più potente impulso dell’essere umano, ovvero l’istinto di sopravvivenza, il tutto per lanciare un messaggio di protesta è qualcosa di profondamente diverso. Qualcosa che trova origine da un amore assoluto per il proprio territorio, per la propria gente e per la libertà. Ma questa spinta è davvero sufficiente a spiegare tutto? Quanti di noi ne sarebbero in grado? Forse uno su un milione. E quante persone simili possiamo dire di aver incontrato nella nostra quotidianità. Probabilmente nessuna. Però queste persone, seppur poche, esistono. E nonostante siano tanto diverse da noi, magari più incoscienti, credo valga la pena di volgere loro un pensiero, o addirittura di interrogarsi. Chi scrive non ha la presunzione di giudicare un gesto tanto estremo. Per comprenderlo, bisognerebbe addentrarsi nel labirinto di una mente complessa, quella di un poeta, costretto a scrivere sulle cartine delle sigarette o sulla carta igienica, stritolato nella morsa di una prigionia ai limiti dell’umana tolleranza. O magari servirebbe provare ad afferrare quell’impulso ideale, ai limiti del fanatismo, che muove l’agire di un rivoluzionario. O, ancora, basterebbe immaginare il proprio volto, tra un tacco di cuoio e l’asfalto, con l’orizzonte dello sguardo che si verticalizza e i polmoni che respirano la polvere. No, devo ammetterlo: si tratta di un esercizio troppo complesso. Di certo lo è per il sottoscritto. E presumo per la maggior parte di noi, che saremmo sedotti da fin troppo facili giudizi, inevitabilmente scaturiti da altre premesse e da un diverso modo di concepire il mondo e la vita. Però una cosa possiamo concedercela, perché doverosa. Parlo del rispetto, il più profondo. Quel rispetto, segno di umiltà, da parte di chi è cosciente di un limite, ovvero il non poter comprendere a pieno un gesto simile. Ma probabilmente certe domande sono semplicemente inutili. L’Allodola d’Irlanda era solo un ragazzo che amava da impazzire la sua gente e che non poteva sopportare un’ingiustizia che si perpetuava, giorno dopo giorno, sparo dopo sparo. Portata avanti da qualcuno che, a suo avviso, non aveva alcun titolo per schiacciare sotto a stivali chiodati la dignità di un popolo. Una risposta precisa alla domanda iniziale, probabilmente, non l’avremo mai. Ma forse, dovremmo accontentarci di una semplice verità: ancora oggi ne stiamo parlando e qualcuno, anche da una terra lontana come la nostra Lombardia, ricorda il suo gesto.

  • La storia della Lombardia

    La storia del territorio lombardo consente di comprendere la Lombardia di oggi: ricca delle sue diversità e forte delle sue radici ultra millenarie. Un contesto ambientale, quello della Lombardia, che fin dalla Preistoria ha favorito l’insediamento umano: lo testimoniano le incisioni rupestri rinvenute nei siti archeologici di molte valli lombarde, in particolare in Val Camonica. Qui si conserva il più vasto e importante complesso di arte rupestre europeo: testimonianza della comparsa dei popoli camuni e della loro persistenza lungo un arco di otto milllenni che dal Neolitico, forse ancor prima, giunge in piene epoca storica. Tra le 300.000 incisioni rupestri della Valle Camonica (primo sito italiano tutelato dall'UNESCO come patrimonio dell'umanità) uno in particolare è stato raffigurato per ben novantadue volte: la “rosa camuna”, una croce anseata associata a nove coppelle. La stilizzazione della rosa camuna, fatta da Pino Tovaglia, Bob Noorda, Roberto Sambonet e Bruno Munari nel 1975, è diventata il simbolo di Regione Lombardia che è depositaria del marchio e ne regola l'utilizzo. Regione Lombardia nel 1996 ha istituito anche un premio annuale nominato "Rosa Camuna"  dedicato alle persone che, con il loro contributo di eccellenza, contribuiscono ad migliorare la vita sociale, economica e culturale della regione. La varietà morfologica e ambientale del territorio lombardo e la ricca presenza di corsi d’acqua ha favorito l’insediamento di diverse civiltà oltre a quella Camuna: Remedello, Polada, Golasecca. Quest’ultima soprattutto aveva stretti contatti con i popoli transalpini, veneti e in particolare con gli Etruschi che, raggiunta la Padania attorno al V secolo a.C. fondarono la città di Mantova e diffusero la propria civiltà introducendo l'alfabeto etrusco e la scrittura. In seguito la regione fu invasa da varie genti Galliche, che diedero vita alle confederazioni degli Insubri, nella Lombardia occidentale, e dei Cenomani, nella Lombardia orientale e nell'area del basso Garda e delle rive del Po. Con l’insediamento dei Galli prendono forma i primi agglomerati semiurbani: Brescia e Milano, i centri maggiori, oltre a Como, Bergamo, Mantova. L'epoca romana e il medioevo Sul finire del III secolo a.C. i Romani iniziarono la conquista della Pianura Padana, scontrandosi con i Galli Insubri, mentre i Galli Cenomani furono fin dall'inizio loro alleati. Il processo di romanizzazione del territorio ebbe esiti profondi e duraturi, con la completa assimilazione dei modelli sociali, linguistici (i romani diffusero l’uso del latino) e urbani di tipo romano e la loro sovrapposizione alle preesistenti forme culturali delle popolazioni celtiche. In questo periodo fiorirono le attività agricole e commerciali, sorsero e si ingrandirono città e paesi. La provincia diede i natali a celebri esponenti della cultura latina: a Como nacque lo scienziato e scrittore Plinio il Vecchio e suo nipote Plinio il Giovane, a Mantova il poeta Virgilio. Negli ultimi secoli dell'Impero, Milano (Mediolanum), colonia di diritto latino e poi municipio romano, accrebbe notevolmente la sua importanza di centro politico ed economico, grazie anche alla favorevole posizione rispetto alle direttrici fluviali e terrestri che solcano la Padania. Con il riconoscimento del cristianesimo come religione ufficiale e la presenza a Milano del vescovo Ambrogio, la città divenne anche centro del potere religioso, tanto che divenne una delle sedi dei tetrarchi al tempo di Costantino.  A Milano, lo stesso imperatore, nel 313 d.C., emanò un editto, chiamato Editto di Costantino o Editto di Milano, nel quale concedeva a tutti i cittadini, e quindi anche i cristiani, la libertà di professare la propria religione. L’editto pose quindi definitivamente termine alle persecuzioni per motivi religiosi. I regni romano-barbarici Il V secolo segna l’inizio della disgregazione dell’Impero Romano d'Occidente e lo spostamento del baricentro mediterraneo a Costantinopoli, in Oriente. Sono i secoli delle invasioni dei popoli nordici “i barbari”, che sfondati i confini penetrano nel cuore della romanità. Incursioni, assedi, invasioni e ripetute distruzioni a Milano e nel resto delle regione accompagnano Visigoti e Unni, costringendo al trasferimento della capitale a Ravenna. Poi è la volta degli Ostrogoti e di una breve ripresa con il regno di Teodorico il Grande (493-553), che fa di Pavia una delle sue capitali. La Lombardia ritornò poi a far parte dell'Impero romano (questa volta d'Oriente o bizantino) dopo la Guerra greco-gotica (535-553), che durò circa vent’anni e flagellò tutta l'Italia. Nel 568 (o 569, gli storici non sono concordi) la penisola italica conobbe l'invasione di una nuova popolazione germanica proveniente da est, e più precisamente dalla Pannonia, l'odierna Ungheria: si trattava dei longobardi, guidati dal loro re Alboino. Approfittando della debolezza dell'impero romano-bizantino, rientrato da poco in possesso della penisola dopo la guerra greco-gotica e in quel periodo concentrato in campagne militari in oriente e nei Balcani, i longobardi riuscirono nel giro di breve tempo a conquistare gran parte dell'Italia, ponendo la loro capitale a Pavia. È in quest'occasione che i territori occupati dai Longobardi (dal germanico Langbaerte, lunghe barbe) presero ad essere chiamati Lombardia(Langobardia): comprendevano gran parte della pianura padana e l'attuale Toscana (Langobardia maior) e i ducati di Spoleto e Benevento a sud dei territori Romani (Langobardia minor). Nei territori conquistati dai longobardi, la popolazione di origine romana  venne brutalmente espropriata dei propri beni: molti possessori romani furono uccisi, altri fuggirono nelle aree bizantine. La stessa scelta della fuga venne presa da parte del clero, traumatizzato dalle spoliazioni delle chiese e dei monasteri perpetrate dai longobardi.  Fu solo dopo la conversione di questo popolo, inizialmente di confessione ariana, al cristianesimo per opera della regina Teodolinda che ebbe inizio un periodo di pace e di collaborazione fra barbari e latini. Due fenomeni tipici di questa età trovano ampio riscontro in territorio lombardo: la diffusione di strutture difensive costruite strategicamente in posizione elevata e l’appoggio dei sovrani longobardi alla diffusione del monachesimo benedettino attraverso la fondazione di numerosi monasteri. In particolare le abbazie benedettine, con la loro fervente attività agricola, svolsero un ruolo importante nello sviluppo del territorio lombardo  trasformando le paludi padane nella ricca pianura irrigua e ponendo le basi per la nascita di imprese artigiane e mercantili. Il dominio longobardo ebbe termine nel 774 quando Carlo Magno, re dei Franchi, discese in Italia su invito del papa, entrato in conflitto con i Longobardi. Carlo Magno assunse il titolo di rex Francorum et Langobardorum, inglobando il regno longobardo in quello franco. Carlo divise le terre in feudi e le affidò all'amministrazione di nobili di sua fiducia, chiamati "vassalli", che governarono il territorio in suo nome, dando inizio alla struttura politica feudale che caratterizzò l'Alto Medioevo. I Comuni e l'Impero In seguito alla conquista del Meridione italiano da parte dei Normanni all'inizio dell'XI secolo, la Longobardia minor venne a perdere la sua identità longobarda, e il nome Lombardia rimase limitato alla parte settentrionale dell'Italia, e in particolare all'area padana. Qui nel Basso Medioevo, a partire dai secoli XI e XII, iniziò a diffondersi un modello politico nuovo: il comune medievale, protagonista di un ripopolamento delle città. In Lombardia sarà proprio il modello comunale e la volontà di conservare autonomia dall'autorità imperiale a portare all'esperienza della Lega Lombarda, alleanza militare fra varie città della Lombardia (ma non solo) che nel 1176 sconfiggerà, grazie soprattutto a l ruolo dei contingenti milanesi, le truppe dell'imperatore Federico Barbarossa durante la battaglia di Legnano. La conclusione diplomatica della guerra con la pace di Costanza del 1183 sancì la formale ubbidienza dei Comuni all'imperatore, e il sostanziale riconoscimento delle autonomie comunali da parte del sovrano. L’età delle signorie e dei principati Con il passaggio dal sistema comunale a quello signorile l'organizzazione del governo subì alcune variazioni e il podestà da capo del comune divenne strumento di governo alle dipendenze del signore, da lui direttamente nominato. Si assiste in questo periodo all’avvento al potere di alcune grandi famiglie aristocratiche: a Mantova i Gonzaga, a Milano prima i Visconti (dal 1330) e poi gli Sforza (dal  1450). Con i Visconti in particolare si apre a Milano una grandissima stagione artistica che per un secolo e mezzo fa di Milano una delle capitali del “lusso” gotico. I signori delle città chiamarono presso le proprie corti gli artisti più famosi per abbellire le loro regge e le loro città. Fra i tanti artisti si possono annoverare:  Giotto, lo scultore pisano Giovanni di Balduccio, Donato Bramante e Leonardo da Vinci. La grande stagione artistica frutto del mecenatismo arricchì la Lombardia di meravigliose opere d'arte tra cui il Castello Sforzesco di Milano, il Palazzo Ducale di Mantova e la Certosa di Pavia. A partire dalla fine del XV secolo la Lombardia, tra le regioni più floride del panorama europeo, diviene nuovamente oggetto di contesa e di conquista delle maggiori potenze, Francia e Spagna. Dopo convulsi decenni di occupazioni e avvicendamenti militari stranieri, epidemie e crisi economiche, nel 1535 prendono avvio i 170 anni di dominazione spagnola. Durante questa dominazione la regione conobbe, dopo un primo periodo di prosperità, una progressiva decadenza, aggravata nel XVII secolo da epidemie di peste. Nel 1706 il ducato di Milano fu ereditato dagli austriaci assorbendo nel 1745 il ducato di Mantova che dal 1708 era divenuto appannaggio diretto della Casa d'Austria. La parte orientale della regione cadde invece sotto il governo veneziano nel corso del XV secolo: i territori di Bergamo, Crema, Brescia e Salò seguirono dunque una storia in gran parte diversa dal resto della regione, fino al 1796 quando, con la Campagna d’Italia, Napoleone Bonaparte fece il suo ingresso trionfale a Milano. Il dominio di Napoleone durò solo una ventina d'anni e con la Restaurazione (1814) il regno Lombardo-Veneto ritornò sotto Vienna. Quando nel Risorgimento si diffusero le idee indipendentistiche tese a realizzare l'Unità d'Italia, la regione diventò un centro di cospirazioni segrete tutte motivate dal desiderio di unificazione nazionale. Nel giugno 1848, durante la prima guerra di indipendenza la grande maggioranza dei lombardi votò a favore di un plebiscito per la fusione con il Regno di Sardegna, vanificato però dalla vittoria austriaca. Durante la guerra i lombardi si distinsero per i propri sentimenti patriottici. Emblema del 1848 in Lombardia furono le Cinque Giornate di Milano, nel 1849 le Dieci giornate di Brescia. Tra i principali esponenti del patriottismo risorgimentale italiano vi fu Carlo Cattaneo, strenuo difensore della laicità e della creazione di un'Italia unita federale. In seguito alla seconda guerra di indipendenza la Lombardia fu unita nel 1859 al Regno di Sardegna ed il 17 marzo 1861 fu proclamata l'Unità del Regno d'Italia. Il Novecento Il Novecento lombardo si apre con l’assassinio, nel 1900 a Monza, del re Umberto I ad opera dell'anarchico italo-americano Gaetano Bresci. Dopo la prima guerra mondiale (1915-1918) la Lombardia ebbe grande importanza nel ventennio fascista: nel 1919 Benito Mussolini fondava a Milano i Fasci di combattimento, movimento che darà vita al Fascismo. Sempre in Lombardia, il  23 settembre 1943, nasceva sotto la guida dello stesso Mussolini la Repubblica Sociale Italiana, voluta dalla Germania nazionalsocialista al fine di amministrare parte dei territori italiani controllati militarmente dopo l’8 settembre 1943. In seguito alla seconda guerra mondiale (1939-1945), a Milano fu conferita la Medaglia d'Oro al Valor Militare per la Resistenza, dopo la sua liberazione da parte degli anglo-americani il 25 aprile, data divenuta festa nazionale. Sempre a Milano, proprio dove il fascismo aveva avuto inizio, fu portato il 29 aprile 1945 il corpo di Benito Mussolini ed esposto in Piazzale Loreto insieme a Claretta Petacci e ad altri gerarchi in quello che molti considerano il vero atto finale del Ventennio. Tra gli anni Cinquanta e Settanta, durante il periodo di forte crescita economica che interessò l'Italia (noto anche come Miracolo economico italiano) Milano, con Torino e Genova, fu uno dei poli del "triangolo industriale" del Nord Italia. Negli anni Settanta, durante gli anni di piombo la Lombardia fu segnata dalla strage di piazza Fontana a Milano nel 1969 e dalla strage di Piazza della Loggia a Brescia nel 1974. Negli anni Ottanta Milano diviene simbolo della crescita economica dell'Italia, e simbolo del rampantismo economico-finanziario della "Milano da bere”.Sempre Milano fu negli anni Novanta il principale teatro dello scandalo di Tangentopoli e dell'inchiesta di Mani pulite che coinvolse esponenti politici ed imprenditoriali. Nel novecento, accanto alle vicende economiche e politiche, la Lombardia è stata anche teatro delle sperimentazioni di movimenti culturali dallo slancio innovatore, come il Futurismo di Marinetti, Boccioni e Carrà nel primo Novecento, e di esperienze molto significative dal punto di vista sociale, come quelle di Don Gnocchi e Luigi Majno nel corso del ventesimo secolo.

Visualizza tutti
bottom of page